IL CASO SARA PEDRI E LA NUOVA LEGGE PER IL CONTRASTO DEL MOBBING SUL LAVORO


(Da Il Dolomiti – 21 Giugno 2021)

L’avvocato di Milano ha lavorato al provvedimento depositato nel 2019 dalla senatrice trentina che ora chiederà di farlo ripartire: ”Non si deve confondere la conflittualità lavorativa che è un elemento fisiologico con gli atteggiamenti, invece, persecutori e vessatori. Mobbing e straining emergono dopo 6 mesi di lavoro: il rapporto inizia a logorarsi più o meno lentamente ma il risultato ultimo è sempre il medesimo: licenziamento o dimissioni e nei casi più estremi omicidio o suicidio”

TRENTO. “La vicenda di Sara Pedri sembra, da quel che emerge, purtroppo, il classico caso di studio di mobbing“. A dirlo è Domenico Tambascogiuslavorista del foro di Milano. “Questi eventi sono solo la punta dell’iceberg in quanto atteggiamenti vessatori sul posto di lavoro sono sempre più diffusi. E’ necessario e fondamentale prevedere una sorta di programma protezione testimoni per difendere le vittime e colpire gli aggressori”. 

Autore con Harald Ege del libro “Il lavoro molesto“, Tambasco si occupa da diversi anni di mobbing e straining. “Non si deve confondere la conflittualità lavorativa – evidenzia Tambasco – che è un elemento fisiologico con gli atteggiamenti, invece, persecutori e vessatori. I richiami di un datore di lavoro per un’attività svolta in modo negligente sono statisticamente sporadici, mentre le discriminazioni per creare condizioni sfavorevoli e nocive sono quotidiane o settimanali”.

Bloccato in parlamento dal 2019 c’è un disegno di legge che porta la firma di Donatella Conzatti, senatrice in quota Italia Viva, che potrebbe meglio regolamentare queste situazioni. Questo provvedimento è stato costruito con il contribuito proprio di Ege e Tambasco, considerati tra i massimi esperti in questo settore del diritto. La senatrice trentina è pronta a presentare un’interrogazione parlamentare sul caso dell’ospedale Santa Chiara e per chiedere al ministero della giustizia di proporre al governo l’adozione della norma quanto prima.

“E’ stata presentata praticamente 2 anni fa, il 12 giugno del 2019, una norma innovativa e rivoluzionaria – aggiunge l’avvocato – che permetterebbe di intervenire per disinnescare queste situazioni conflittuali che spesso, purtroppo, si concludono in modo tragicoMobbing e straining emergono dopo 6 mesi di lavoro: il rapporto inizia a logorarsi più o meno lentamente ma il risultato ultimo è sempre il medesimo: licenziamento o dimissioni e nei casi più estremi omicidio o suicidio”.

La scomparsa di Pedri sta travolgendo l’ospedale di Trento che finisce con cadenza quasi quotidiana nelle notizie di cronaca nazionale, così come nella programmazione di importanti trasmissioni come “Chi l’ha visto?”. E ogni giorno emergono nuovi dettagli e un quadro inquietante per un reparto che negli ultimi anni sarebbe stato diretto in modo padronale con decine di medici costretti a lasciare e molteplici professionalità svilite. Recentemente, la direzione generale dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari ha istituito una commissione interna per effettuare ulteriori approfondimenti a proposito della sparizione della giovane ginecologa e per raccogliere notizie puntuali relative alle vessazioni denunciate dai sanitari del reparto di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. E mentre è fondamentale attendere l’esito delle indagini per chiarire cosa possa essere accaduto, visto che al momento si parla solo di ipotesi, l’obiettivo delle prossime settimane è quello di sentire tutto il personale dell’Unità Operativa.

“La maggior parte delle segnalazioni e dei casi in ambito di mobbing – dice Tambasco – arrivano proprio da contesti quali sanità e il mondo accademico, senza dimenticare il pubblico impiego. Soprattutto a livelli apicali e quindi vessazioni portate avanti all’interno di un ambiente, se vogliamo, culturalmente elevato. Si può colpire in diversi modi quali il demansionamento oppure continue pressioni fisiche e psicologiche“.

Le condotte persecutorie comprendono elementi oggettivi e soggettivi, oltre la sensibilità di un singolo. Il demansionamento oppure il cambio di postazione, più piccola e magari decentrata, sono elementi tipici del cosiddetto straining. “Un colpo solo – continua l’avvocato – per isolare la vittima. Un modo per tagliare fuori una persona senza motivazioni, togliere la comunicazione e così discriminare qualcuno. Si creano condizioni di lavoro nocive e sfavorevoli per logorare la persona che poi viene costretta dopo un periodo più o meno lungo di resistenza a cedere e dimettersi“.

Più continuo invece il mobbing. “Violenze fisiche e piscologiche a cadenza regolare. Ci sono schemi abbastanza prestabiliti e ogni pretesto è buono per umiliare una persona. Attenzione poi alle trappole: un datore di lavoro potrebbe creare appositamente difficoltà e contesti non favorevoli per poi attaccare il lavoratore”. 

Solo dopo l’arrivo delle trasmissioni televisive e gli interventi dei consiglieri provinciali, i testimoni iniziano a trovare il coraggio di parlare. “E’ purtroppo tipico. C’è un muro di gommamolti per paura restano in silenzio oppure seguono un datore di lavoro e si forma un branco per evitare di finire nel mirino o subire ripercussioni a causa di denunce o prese di posizione a favore delle vittime. Si deve agire a due livelli: il primo è quello dell’educazione e della formazione, anche a scuola. Il secondo invece è quello di prevedere una legislazione moderna per proteggere le parti più deboli e punire gli aggressori. Una specie di programma di protezione per abbattere l’omertà che spesso troviamo in queste situazioni”.